Il dialetto tabarchino è simile, ma non identico, al genovese (ligure) moderno in virtù dei continui rapporti economici e culturali intrattenuti dalla popolazione con l'antica madrepatria, sia al tempo del soggiorno tunisino che dopo la fondazione delle comunità in Sardegna
A causa del relativo isolamento ne è invece sostanzialmente più conservatore per diverse forme letterarie e grammaticali.
Proprio per questo motivo il cantautore Fabrizio De Andrè ha soggiornato per diversi mesi a Carloforte prima di registrare, in collaborazione con Mauro Pagani, uno dei suoi album più significativi, Creuza de mä.
Crêuza è stato il miracolo di un incontro simultaneo fra un linguaggio musicale e una lingua letteraria entrambi inventati. Ho usato la lingua del mare, un esperanto dove le parole hanno il ritmo della voga, del marinaio che tira le reti e spinge sui remi. Mi piacerebbe che Crêuza fosse il veicolo per far penetrare agli occhi dei genovesi (e non solo nei loro) suoni etnici che appartengono alla loro cultura.
(Fabrizio De André in un'intervista.)
Oggi il tabarchino viene usato non solo nella pratica quotidiana, ma anche nell'insegnamento scolastico, per il quale sono stati redatti dal corpo insegnante adeguati sussidi didattici. La notevole vitalità dell'uso anche presso le più giovani generazioni fa del tabarchino un caso unico nel contesto delle minoranze linguistiche presenti in Italia, e il tabarchino risulta la varietà tradizionale maggiormente diffusa in Sardegna nell'ambito territoriale di sua storica pertinenza.
Il tabarchino è parlato nei comuni di Carloforte (U Pàize) nell'isola di San Pietro (San Pé) e di Calasetta (Câdesédda) nell'isola di Sant'Antioco, entrambe situate nell'arcipelago del Sulcis, nella parte sud-occidentale della Sardegna.
È parlato, secondo stime recenti, dall'87% degli abitanti di Carloforte, dal 68% degli abitanti di Calasetta, dal 72% dei bambini di Carloforte e dal 62% dei bambini di Calasetta in età scolare.